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Messaggio  apetimida Mar Ott 14, 2008 10:19 pm

Concorsi pubblici "padani"
favoriti i residenti al Nord

BISOGNA svolgere le prove per un concorso di biologo in una amministrazione sanitaria pubblica di Torino. I candidati sono cinque: uno è nato proprio a fianco della Mole, il secondo è di Pavia, il terzo di Campobasso, il quarto di Palermo e il quinto di Vibo Valentia. Hanno la stessa età e presentano lo stesso titolo di studio: la laurea in biologia. Chi si sceglie? Il torinese, naturalmente. Nel solco dell'idea che la Padania sia dei padani, la Lega ha appena fatto in tempo a suggellare con un emendamento a una legge delega al governo in materia di lavoro il criterio della territorialità. Si preferisce - a parità di titoli - il torinese se il posto di lavoro è a Torino e il palermitano se il concorso è bandito a Palermo.

Bene. Forse male in verità, giacché l'offerta di lavoro, più consistente al nord, allarga invece di restringere il fossato che divide le due Italie. Un torinese o un milanese, un bolzanino o un triestino con una laurea e un centodieci e lode avranno molte più chance di un loro pari grado di Messina o di Napoli, di Bari o di Cagliari.

Ma è il federalismo, bellezza. E bisogna farci i conti.

I conti si potrebbero fare se i numeri fossero pari per tutti. Perché, e adesso lo vedremo, prendere un dieci in una scuola di Vibo Valentia equivale a uno striminzito sei in un'altra di Torino. Checché ne dica la Gelmini, i numeri sono una variabile dipendente dalla latitudine e - soprattutto - dalla lingua.

I deputati leghisti (onorevoli Caparini, Fedriga, Munerato, Bonino) hanno voluto rafforzare il criterio della territorialità e in una breve, forse annoiata seduta della commissione Lavoro, riunita il 1 ottobre scorso in sede referente, hanno chiesto e ottenuto l'approvazione di un sub-emendamento (il 37.2) che si aggiunge a quello nel quale si statuisce che "costituisce titolo preferenziale la residenza nelle regioni per i posti ivi banditi". E' infatti stata approvata la seguente norma: "I bandi stabiliscono che nella formazione delle graduatorie non si tenga conto del punteggio del titolo di studio". Proprio così: un asinello e un cervellone pari sono. Fa premio l'anagrafe, il certificato di residenza.

E dunque, ritorniamo al nostro ipotetico bando di concorso per biologo a Torino: sono in cinque a concorrere. Dei cinque, mettiamo, quattro hanno conseguito una laurea col massimo dei voti e anche la lode. Uno solo, purtroppo, ha arrancato negli studi e si è liberato male dell'università: minimo dei voti. I primi quattro però non sono piemontesi. Il quinto invece sì. A chi andrà il lavoro? Ma naturale! All'asinello piemontese: conosce il dialetto, è nato proprio sotto la Mole, ha diritto, per vicinanza con l'ufficio, a quel posto.

Questa modifica, che rivoluziona in due righe il concetto di meritocrazia e sbanca in dieci minuti tutto il lavoro (grembiule, sette in condotta, rigore) che il ministro Gelmini sta profondendo per riabilitare dalle fondamenta la flaccida e mediocre scuola italiana, è stata approvata sotto l'occhio vigile e partecipe del sottosegretario al Welfare Pasquale Viespoli, beneventano, dunque libero da ogni condizionamento geografico e soprattutto lontano da qualunque amicizia leghista.

Il merito conta ma non troppo. Sopravanzato, nella breve, distratta riformulazione dei valori su cui l'Italia è fondata, dalla carta d'identità. Vuoi lavorare? Dimmi dove sei nato.

Segnala una storia a:
a.caporale@repubblica.it

(14 ottobre 2008)

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apetimida
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